giovedì 17 novembre 2016

Allevamenti intensivi pompati con farmaci micidiali per la Salute dei Consumatori e l’Ambiente.


Di Simona Mazza



Per sopravvivere all’interno degli allevamenti intensivi, veri e propri lager autorizzati dai compiacenti “carnariani” di tutto il pianeta, gli animali sono sottoposti a continui trattamenti antibiotici.

Essi sono necessari a debellare i batteri antibiotico-resistenti, causati dall’uso improprio di farmaci o per farli crescere più velocemente, come nel caso degli Stati Uniti.

“Quasi l’80% di tutti gli antibiotici distribuiti nel 2009 negli Stati Uniti erano destinati agli animali da allevamento. (Fonte: US Food and Drug Administration, 2009)”.

Tale abuso, non solo è dannoso per salute degli animali, ma anche per l’ambiente e sopratutto per i consumatori, dato che favorisce le mutazioni degli agenti patogeni in ceppi più pericolosi.

Morti su morti

I super batteri provocano solo in Italia tra i 5000 e i7000 morti all’anno,

ma ancora il Ministero della Salute sonnecchia sulla questione.

Continuiamo infatti ad essere il terzo più grande utilizzatore di antibiotici negli allevamenti con un consumo in crescita dal 2013 al 2014.

Il rischio di consumare carni contenenti tracce di antibiotico è sempre alto, nonostante la farmacosorveglianza effettuata da veterinari Asl sia nei capannoni sia nei macelli.

Ciò dipende sostanzialmente dall’esistenza di patologie multifattoriali che l’impiego di un solo farmaco non può debellare, se non si correggono gli altri fattori che concorrono alla genesi della malattia.

Inoltre non sempre è possibile effettuare l’antibiogramma prima del trattamento (esame per capire quali sono gli antibiotici più adatti da somministrare ) perché per avere i risultati bisogna aspettare almeno tre giorni, e l’attesa provocherebbe un impatto economico negativo sul bilancio aziendale.

E’ nata così l’era della carne “a buon mercato”,causa prima di patologie quali obesità la quale, a sua volta, aumenta la diffusione di patologie come il diabete, le malattie cardiache e il cancro.

Come accennato, per evitare perdite di tempo, ai polli vengono somministrate dosi massicce di antibiotici, per cui è consigliabile non lavare la carne prima di cuocerla per evitare di disperdere agenti patogeni nella cucina.

Inoltre si dovrebbe sempre separare il cibo crudo da quello cotto, per evitare contaminazioni incrociate.

La situazione è ben più preoccupante all’interno degli allevamenti aviari, dove vivono polli riproduttori e da carne, i cosiddetti “broiler”.

Ai primi, gli antibiotici vengono somministrati con moderazione, per evitare che vengano contaminate le uova e anche perché le modalità di allevamento previste non favoriscono le infezioni.

Diversa la situazione per i broiler, considerati delle “macchine da soldi”. Essi rappresentano oltre il 95% della produzione avicola e sono animali iperselezionati, manipolati geneticamente percrescere velocemente e soddisfare le esigente degli allevatori.

Ciò rende particolarmente vulnerabile il loro sistema immunitario.

In aggiunta, poiché vivono stipati in spazi angusti, contraggono ogni genere di infezione.


Il Piano ministeriale

Per contrastare il fenomeno dell’antibiotico resistenza in avicoltura e per promuovere un uso responsabile dei farmaci veterinari è stato scritto il “Piano ministeriale per la lotta all’antibiotico resistenza”. Il documento parla di una riduzione dell’uso dei farmaci negli allevamenti avicoli italiani, da 283 a 268 mg/PCU (ovvero unità di correzione della popolazione, un valore teorico determinato sulla base del peso medio degli animali sottoposti a trattamenti, e del numero di polli macellati ogni anno).

Per essere attendibile servirebbe tuttavia un monitoraggio sistematico, e un data base accessibile: in altri paesi come Danimarca e Olanda, dove questo tipo di monitoraggio è obbligatorio, i dati di vendita degli antibiotici per uso veterinario sono calati anche del 70%.

In attesa della trasformazione in legge del suddetto Piano, le uniche informazioni sull’effettivo utilizzo di antibiotici e farmaci vengono fornite daiveterinari che lavorano all’interno dei siti, di filiera.

Precisiamo che secondo uno studio effettuato nel Regno Unito, “Più del 75 % dei polli in Europa soffrono di infezioni da Campylobacter, una causa comune di intossicazione alimentare”. (Fonte: Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, 2010).

La testimonianza di un veterinario

Un veterinario che ha voluto mantenere l’anonimato ha dichiarato che per quanto riguarda i maiali, in un ciclo (ossia dalla nascita al macello) si applicano sempre un paio di trattamenti con antibiotico diluiti in acqua o nel mangime, per garantire la sicurezza sanitaria dell’allevamento ossia per ridurre il rischio della diffusione di malattie infettive.

Per evitare contaminazioni e procedere rapidamente alle operazioni di pulizia e disinfestazione, gli allevamenti utilizzano la tecnica del “tutto pieno tutto vuoto”, ovvero riempiono un capannone nel minor tempo possibile, per avere animali con uguali caratteristiche e poi lo svuotano completamente a fine ciclo con la macellazione.

Il programma di CIWF

CIWF (Compassion in World Farming) Italia Onlus, associazione no profit che lavora esclusivamente per la protezione e il benessere degli animali allevati a scopo alimentare, ha lanciato una campagna volta a mettere fine all’allevamento intensivo, maggior causa di crudeltà verso gli animali sul pianeta.

Allo stesso tempo, CIWF sta promuovendo pratiche di allevamento rispettose del benessere degli animali, dell'ambiente e delle persone.

La campagna, denominata Alleanza per salvare i nostri antibiotici (Alliance to save our antibiotics), richiede la progressiva riduzione dell’utilizzo globale di antibiotici negli allevamenti, il divieto, su scala UE, di certi tipi di impiego sugli animali d’allevamento, e l’impiego limitato di antibiotici specifici “di importanza cruciale”.



Ecco il testo della campagna lanciata da CIWF Italia

“Dopo mesi di forti pressioni da parte nostra, il Ministero della Salute, con estremo ritardo rispetto ad altri paesi UE, sostiene di aver iniziato a lavorare a un piano nazionale contro l’antibiotico resistenza e di voler introdurre l’obbligatorietà della ricetta elettronica del farmaco veterinario per conoscerne il reale uso.

Sarà un piano fantoccio, giusto per dire di aver fatto qualcosa?

Durante la settimana mondiale dedicata all’antibiotico resistenza, dobbiamo ribadire a gran voce che noi cittadini vogliamo continuare a mantenerci in salute usando gli antibiotici, quando necessario, e che gli animali devono essere allevati con maggiore rispetto.

Chiediamo quindi al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin che il piano nazionale sull’antibiotico resistenza sia obbligatorio e includa assolutamente le richieste che facciamo da tempo:

​•​La trasparenza e il monitoraggio dei dati di consumo

​•​La riduzione del consumo di antibiotici, in particolare quelli critici per l’uomo, negli allevamenti, allo scopo di ridurre la resistenza, con obiettivi precisi e scadenze temporali

​•​Lo sviluppo e l’incentivazione di sistemi di allevamento meno intensivi e maggiormente rispettosi degli animali

L’unica via per contrastare l’antibiotico resistenza è ridurre il consumo di antibiotici, limitarlo ai casi di dichiarata malattia e riservare gli antibiotici di importanza critica al solo consumo umano.

Questo vale per noi ma anche per gli animali, che meritano una vita nel rispetto del loro comportamento naturale, dove la salute è garantita principalmente dal rispetto del benessere animale e dall’uso dei farmaci se ce n’è bisogno.

Insieme a te possiamo batterci per dare agli animali una vita degna di essere vissuta e priva di inutile sofferenze, in cui non dipendono solo dai farmaci per sopravvivere. Così possiamo salvare la nostra salute e quella dei nostri figli.

Fonte: Simona Mazza

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